Si è svolto il 5 e il 6 maggio 2010 a Firenze, nei lussuosi locali dell’Hotel Laurus, la seconda edizione di Better Software, la conferenza italiana che si propone di mostrare il futuro del software a manager e imprenditori, ma interessante anche per analisti e sviluppatori. Alcuni dei maggiori esperti nazionali di software hanno presentato egregiamente l’argomento, osservandolo da molte e diverse prospettive. Si è parlato molto di metodologie agili, web X.0, mobile applications, internet of things e open source.

Traspare l’esigenza di sviluppare software in modo organizzato ma senza porre troppi limiti, che veda coinvolte nel processo di sviluppo tutte le parti interessate (anche i committenti che solitamente, purtroppo, vogliono dedicarvi solo il tempo necessario all’avvio dei lavori) e che migliori non solo la produttività, ma anche la circolazione delle idee per l’innovazione. A questo e ad altro servono le metodologie agili, uno degli argomenti di maggior interesse. Provocatorio l’intervento di Francesco Cirillo, che ha addirittura dichiarato che non parlerà pi├╣ di metodologie agili in futuro, mettendo tutti i presenti in guardia: il manifesto agile è perfetto, quindi poco applicabile alla realtà, tutt’altro che perfetta, in cui ha luogo il processo di sviluppo. Interessante anche l’intervento di Giovanni Intini, che ha parlato di quanto è importante il morale, raccontando di come ha tenuto alto quello del suo team, attraverso lo studio di nuovi e interessanti argomenti applicati ad un’attività divertente, e di quanto questo abbia migliorato non solo l’attività e la produttività del team stesso, ma anche e soprattutto il benessere sul lavoro di ogni membro del team.

Oltre ai suggerimenti sui metodi per organizzare lo sviluppo, ci sono stati consigli e risposte anche per un’altra importante domanda: cosa svilupperemo?
Anche su questo argomento, i talk non sono stati pochi, ed è confortante sapere che il futuro ci offre un’ampia scelta: internet of things, mobile applications, augmented reality e non solo. A questo proposito, ha portato numerosi esempi Leandro Agrò: esempi di applicazioni dell’internet of things che spaziano dal mondo dell’intrattenimento a quello dell’industria e dei servizi e potenzialmente di ogni campo.
Il minimo comune denominatore sembra essere uno: l’informazione. Viviamo in un presente in cui sono richieste informazioni, possibilmente in tempo reale. I mezzi e la tecnologia per rispondere a questa domanda non sono nel futuro, fanno già parte del nostro presente e addirittura del nostro passato, ma per poterli usare, è forse necessario adeguare la propria preparazione, per poter essere in grado di progettare e gestire nuove architetture del software.

Complimenti a Develer per aver organizzato l’evento in modo superlativo. Ci sono state, a mio avviso, soltanto due pecche: le sale, in quanto due su tre erano molto piccole, poco adeguate per i 300 partecipanti; la scarsa “internazionalità” dell’evento, tanto ricco di contenuti interessanti che è stato un peccato riservarlo al solo pubblico italiano.

Lorenzo Murrocu